IL CONTEMPORANEO INATTUALE DI LUCA FRESCHI
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The whole random universe of the industrial age is breaking down into cryptic fragments
William Burroughs (prefazione 'Atrocity Exhibition', GJ Ballard)

Non siamo mai stati moderni.

Così nel '91 Bruno Latour intitolava il saggio in cui descriveva il suo 'Parlement des choses'. Per il sociologo francese, la distinzione manichea tra natura e cultura, di cui la modernità si sarebbe fatta portatrice, non è mai in realtà esistita.

Compito quindi della contemporaneità sarebbe un ritorno alle origini, al fine di rinnegare questo supposto dualismo, dato erroneamente per scontato, e poter così fare esperienza di fenomeni naturali nella loro essenza sociale e viceversa. Similmente, quella di Luca Freschi, scultore nato a Forlimpopoli nel 1982, è una poetica improntata al recupero, nella salda convinzione che l'uomo sia una metonimia della natura. L'individuo è infatti plasmato nei suoi ritmi, volumi, emozioni e posture dall'elemento naturale e in questa continuità ciclica il ruolo dell'artista sembra essere quello del moderatore, colui che permette un dialogo tra le parti, evitando cieche e volgari espressioni di super-potenza.

Nell'opera dello scultore romagnolo, gli uccelli, da devoti ascoltatori della predica di San Francesco in Giotto, diventano genitivo soggettivo (La predica degli uccelli) e rimproverano un uomo a testa bassa, consapevole delle sue incertezze erratiche e ingannevoli cupidigie.

Freschi, abile modellatore di corpi e attento analitico dell'epidermide, dà nuova vita a oggetti già esistenti; il suo è un ex-ready-made, un 'parlamento scultoreo delle cose' per cui l'artista inventa una nuova funzionalità. Ad esempio, le tinozze, che una volta fungevano da lavatoi per uomini e bambini, nelle sue opere diventano il prezioso specchio dove Narciso venera e compiange la sua immagine. L'interesse di Freschi per allegorie e miti recuperati da un passato che, come nell'Angelus Novus di Benjamin rivive nel presente, lo ha portato a confrontarsi con Rodin. Come lo scultore francese, criticato al tempo per il suo approccio realista e quindi libero da una falsificante rappresentazione idilliaca, anche il giovane artista italiano svela la sua inattualità. La sua scultura è quietamente lontana dal baccano sinestetico e dalle fastidiose distorsioni mediatiche di un'arte sempre più commerciale.

Contemporaneo sui generis, anarchico repellente alla prigionia degli 'ismi', Freschi può rientrare solo in una non-categoria come quella post-moderna. Ciò che si è verificato dopo il cosiddetto moderno è infatti in-classificabile, in-definito, dove il 'post' serve a includere tutto e il suo contrario in una perpetua apertura antinomica del reale. Post-moderna è la meticolosa attenzione al frammento attivamente modellato dalla dimenticanza, post-moderno è l'interesse di Freschi per le rovine, i resti e i residui. Come un flaneur dell'underground, lo sculture romagnolo cammina per la strada con uno sguardo pragmaticamente orientato verso il basso, in cerca di oggetti da riciclare. Come un archeologo industriale, raccoglie ed esamina reperti che poi andranno a costituire la sua opera. A Barcellona, ad esempio, in un cassonetto urbano ha trovato la scatola da lustrascarpe per The Death of Chatterton. Altra meta è la Caritas, dove l'artista, stupito, nota che 'la gente si libera di cose veramente stupende'.

E post-moderno è ancora l'uso che Freschi fa della citazione d'arte. Le sue referenze non sono meri omaggi a uomini e donne del passato, ma dispositivi per attualizzare quelle idee ancora valide nel presente e a cui l'artista dona una nuova presenza cerebrale e formale. 'Five years' ha allora lo stesso titolo della canzone di Bowie, dove Ziggy, pur in un'auto-distruzione implacabile, urla il suo carpe diem; cinque non sono solo gli anni di vita che l'alieno, invenzione della star inglese, ha ancora sulla terra, ma anche la misera porzione di ossigeno che ci resta nel caso in cui le api venissero a mancare.

Freschi si confronta ancora con la dimensione temporale nelle sue tre Generatio: le mani (e i corrispettivi negativi) di tre generazioni della sua famiglia si susseguono tra la ripetizione e la differenza. La complessità formale del trittico, composto a sua volta da tre dittici, si dissipa in quella che sembra essere l'intenzionalità dell'opera per sé, ovvero una dichiarazione amorevole verso l'universo femminile. La pratica di Freschi ricorda certi principi della medicina cinese, dove ogni frammento, per funzionare, deve essere in armonia con il tutto, l'altro da sé. Volti e busti, più che semplici parti di un corpo, diventano paesaggi in cui l'uomo ridimensiona la sua influenza, consapevole di un ordine naturale ben più ampio dei suoi appetiti individuali. Lo scultore rompe e ricompone la sua opera, come nell'azione di ri-assemblare una memoria; ogni pezzo è quindi unico, non potendo mai ritornare alla sua dimensione originaria, e allo stesso tempo mancante di parti andate perse nell'azione distruttiva.

Positivo e negativo sono complementari nell'opera di Freschi e l'artista non lo nasconde, anzi lo mette in scena.

Nel dare dignità espositiva all'elemento rotto e scomposto, quindi all'osceno nella sua definizione etimologica, lo scultore diventa socraticamente maestro e critico della sua pratica.

La espone per così dire ad aperti giudizi e lo fa con un'onestà che ha dell'ammirevole.

Elena Dolcini


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LUCA FRESCHI AND THE UNTIMELY STATE OF BEING CONTEMPORARY
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The whole random universe of the industrial age is breaking down into cryptic fragments
William Burroughs (prefazione 'Atrocity Exhibition', GJ Ballard)

We have never been modern.

That's how Bruno Latour titled his essay where he describes the idea of 'Parliament of things'. For the French sociologist, the Manichean distinction between nature and culture, which was presumably brought up by modernity, has never really existed. Therefore, contemporary time's task is to go back to its origins in order to deny the supposed dualism that was wrongly taken for granted. In so doing, there could be the possibility of experiencing natural phenomena in their social essence and vice versa. Similarly, Luca Freschi's poetic (sculptor born in Forlimpopoli, Italy, in 1982) is oriented towards recycling, in the firm conviction that mankind is a metonymy of nature. The individual is, in fact, shaped in his rhythms, volumes, emotions and postures by natural elements; in this cyclic continuity the artist seems to be a moderator who allows a dialogue between the parts by avoiding blind and vulgar expressions of super-powers.

In Freschi's work, birds, originally devoted listeners of San Francesco's sermon in Giotto, become a subjective-genitive (Freschi chose The sermon of Birds as a title) and rebuke a head-down-man who is made aware of his erratic uncertainties and illusory greed.

The Italian sculptor, dexterous bodies' shaper and precise epidermis' analytic, gives a new life to already existing objects; his work is a ex-ready-made, a sculptural parliament of things for which the artist invents a new function. For instance, washtubs that once were baths for men and kids become a precious mirror where Narcissus adores and laments his image. Freschi's interest in allegories and myths (rehabilitated from a past that re-lives in the present like Benjamin's Angelus Novus) brought him face to face with Rodin. As the French sculptor was highly criticized at his own time due to his realistic approach, which was free from falsifying and idyllic representations, the Italian artist unveils his outdatedness too. His sculpture, in fact, stays quietly distant from synaesthetic noises and annoying media distortions typical of a more and more commercial art. Sui generis contemporary, anarchist repellent against the imprisonment of any ism, Freschi could enter only a non-category such as the postmodern one.

What happened after the so-called modernism is un-classifiable, un-definite, where the prefix 'post' serves to include everything and its contrary, in a never ending antinomian opening of the real. Postmodern is the meticulous attention towards the fragment actively shaped by forgetfulness; postmodern is Freschi's interest in ruins, rests and what is residual. Like an underground flaneur, the Italian sculptor walks the street with a pragmatic ground-oriented look, searching for objects to recycle. Like an industrial archaeologist, he picks and examines finds that will later constitute his artistic work; for example, while living in Barcelona, Freschi found The Death of Chatterton's shoeshine box in an urban bin. And outside Caritas organisations he is always surprised to note that 'people get rid of amazing objects'. Again, postmodern is his use of art-quotation. The sculptor's references are not mere homage to men and women who lived in the past, but devices for actualizing ideas still valid in the present, to which the artist gives a new both cerebral and formal existence. Five years has got the same title as Bowie's song, where Ziggy, despite his merciless self-destruction, shouts his carpe diem; five are not just the alien's ultimate years on earth, but also the miserable portion of oxygen that will remain us in case bees die.

Freschi faces again the temporal dimension in his three Generatio; three generations' hands (and their negatives) follow one another between repetition and difference. The piece's formal complexity (a triptych composed by three diptychs) melts away in what seems to be the intentionality of the work per se, an amorous declaration towards his family's feminine universe. The artist's practice recalls in a certain way Chinese medicine's principles where each fragment has to be in harmony with the whole in order to function. Faces and busts, more than simple parts of the body, become landscapes where men reorganize their influence, aware as they are of a natural order, much vaster than their individual appetites. The sculptor breaks and re-creates his work, like in the act of gathering his memories together once again; each piece is unique, since it cannot go back to its original dimension, and at the same time missing some parts, which got lost during the destructive performance.

Positive and negative are complementary in Freschi's work and the artist doesn't hide it. Furthermore, he overtly puts it on the scene.

The sculptor socratically becomes his practice's teacher and critic by giving expositive dignity to the broken and decomposed element, to the obscene meant in its etymologic definition (out of the scene).

In a manner of speaking, Freschi exposes his art to opened judgements and he does it with an admirable honesty.

Elena Dolcini
 
 
 

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