LA MEMORIA DELLA PELLE
ESPOSIZIONE PERSONALE
Caffè letterario Assenzio, Rimini
22 maggio – 26 giugno 2009
    
Se per un occidentale chi solca la terra, con fatica e meticolosa attenzione, è solo un contadino, per un giapponese si dovrebbe onestamente parlare di artista. Luca Freschi, artista,è incantato dai solchi, quelli dei volti, che racchiudono nel loro microcosmo racconti, poemi, storie, strati geologici dell’anima, come se fossero una terra in piccolo, come un’aratura del tempo interiore. Le sue maschere di terracotta, simili ai calchi furtivi del tragico profumiere di Süskind, si saldano su visi reali, ne assorbono gli umori e i pensieri, l’identità biologica e intellettuale, ne ripetono uno stadio del tempo, cristallizzandone l’essenza in un feticcio inquietante.
Non si tratta solo di mimare le pieghe di una faccia aderendovi pedissequamente, ma di pensarle in concetto, evocando, con precise sovrapposizioni, l’idea del filare e del tessere, del tagliare e del cucire,la memoria di un ordine, di un destino a cui s’intreccia la libertà del conoscersi, dell’autocomprendersi. Una consapevolezza del proprio essere e del proprio fare che resta, preziosa e necessaria, uno degli ultimi retaggi dell’arte antica in quella contemporanea.
A queste crete, ex voto dell’intimità e dell’amicizia, capitoli di un romanzo di formazione, si aggiungono altri, più tradizionali ma non meno fascinosi solchi, quelli delle incisioni, delle aspre morsure (ferite cauterizzate) sulle matrici, della carta che attende di ripetere il graffio, di accoglierlo e rivelarlo come novella autobiografica.

Alessandro Giovanardi
 
 
 

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