Luca Freschi si è diplomato nella sezione pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna. In seguito sono prevalsi in lui interessi scultorei che hanno trovato nell’utilizzo dei materiali ceramici (soprattutto la terracotta) il mezzo più idoneo per opere di spirito anche concettuale e comportamentale. Utilizzando la tecnica del calco, Freschi, infatti, realizza sculture in cui la concreta fattezza del soggetto resta ben presente anche se frammentata e ricomposta con parti quasi di derivazione autoptica. Secondo un processo inverso a quello della scultura tradizionale, Freschi non forma ma adagia lastre su un corpo per poi andarle a ricomporre non evitando di mettere in mostra sconnessioni, tagli, mancanze e sovrapposizioni. Una quasi frettolosa necessità di conservare una immagine sembra presiedere a quest’opera dai toni pietosi e da maschera funeraria. Il risultato è un tentativo di preservazione: non aulico e solidamente rappresentativo ma piuttosto fallito in quanto le sottili lastre mostrano apertamente la loro incapacità a ricostruire un corpo o un suo credibile simulacro. Questa impossibilità della scultura è, per Freschi, un simbolo del destino umano e dell’arte. Una tristezza di intonazione e derivazione romantica ammanta il suo lavoro. Oltre ad aver partecipato a numerose mostre collettive in ambito romagnolo, italiano ed europeo, Freschi ha tenuto mostre personali ad Alicante (2009), Meldola (2011), Forlì (2012), Rimini (2014). La Galleria Forni di Bologna si è interessata al suo lavoro.

The death of Chatterton - Terracotta, scatola, carta - cm 75 × 100 × 33

Esemplata sulla scorta del famoso dipinto di Henry Wallis che ritrae il poeta inglese morto diciassettenne probabilmente per suicidio nel 1770 ed emblema del genio misconosciuto per i romantici, The death of Chatterton ben rappresenta la poetica di Freschi: una scatola contenente carte stropicciate, forse di inestimabile valore, e la sconnessa ricostruzione del corpo di uno sconosciuto, ma probabile grande uomo, galleggiano nel vuoto, pronte a disperdersi.

Franco Bertoni
 
 

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