Ultimo canto alla Chiesa del Santissimo Crocifisso

“Gli uomini discutono la natura agisce”
Voltaire

Nulla, come questo breve aforisma di Voltaire, filosofo anticlericale e laico, è più appropriato per descrivere la sorte di questo sacro luogo.La chiesa di Scardavilla, dedicata al Santissimo Crocifisso, è l’esempio lampante di come discussioni, scelte sbagliate ed eventi naturali ne abbiano codificato un destino di rovine. I vari passaggi di proprietà, il disinteresse verso l' identità spirituale di questo luogo, hanno fatto si che la natura se ne riappropriasse. Il bosco adiacente, durante questo tempo di abbandono, ha così occupato il suolo a lui estirpato dalla fondazione della chiesa, integrandosi con ciò che resta dell’imponente struttura.

La scelta di occuparmi di questo luogo nasce da un forte legame,  maturato in lunghi anni di frequentazione e conoscenza, poiché Scardavilla si trova a pochi passi dalla mia abitazione. Da qui è scaturita l’esigenza di voler restituire una sacralità laica in una nuova veste a questo spazio.La chiesa si presenta senza arredi, suppellettili, altari, forme di devozione e mancante della cupola, implosa sul pavimento che diventa terreno fertile per alberi e piccoli arbusti.Quello che resta, sono le strutture più forti ed essenziali nei loro stucchi e bassorilievi ancora bianchissimi, ultimi baluardi di una distruzione inarrestabile.

Da questa cornice parte la mia riflessione, volta a ricreare una sorta di trasmigrazione dell’anima di questo luogo all'interno di un nuovo spazio. La rara magia mistica, intrinseca all'interno della chiesa, mi ha portato ad affrontare per la prima volta il linguaggio del video. Uno sguardo rivolto al soffitto della struttura che lascia spazio ad un cielo che scorre nel suo fluire temporale in una dimensione fortemente scenica, così come poteva immaginare il Mantegna nella sua cupola della Camera degli Sposi.
Nella proiezione di questo spazio metafisico, arricchito da piante sfiorate dal vento e rumori della natura circostante, ho scelto di inserire un crocifisso a grandezza umana, probabilmente presente un tempo nell’altare maggiore della chiesa: una simbolica restituzione dell'identità a lei estirpata.

Il crocifisso, eseguito su modello umano, si rivolge verso il cielo della chiesa, metafora di congiunzione diretta fra uomo e Dio, dove lo sguardo di un Dio fatto Uomo non trova ostacoli, impedimenti di “strutture” tra lui e il divino.

L’opera scultorea, realizzata in terracotta, lo stesso materiale con cui è stata edificata la chiesa, ne ripresenta le stesse crepe e fenditure in una fusione totale fra Uomo, Dio e Spazio, nell’ambizione di riportare alla memoria un tempo perduto che l’arte talvolta riesce a ritrovare* in un ultimo Requiem.

Luca Freschi

* da “Rovine e Macerie” di Marc Augè
 
 

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